L’acqua esplode, c’è un mistero in mezzo al mare
Il Tirreno
Una colonna di fango e detriti alta dieci metri vista dai pescatori di tre barche, per 20 minuti
di Luca Centini
IL CASO – «Quel getto sarà stato alto almeno una decina di metri. E come era potente. Roba da non credere». Alessandro Ricci, pescatore professionista della flottiglia di Marina di Campo (Isola d’Elba), sta calando le reti in quello spicchio di mare che conosce bene. Compie le operazioni con la stessa concentrazione di sempre ma – d’improvviso viene scosso da un fragore fortissimo. E quando puntalo sguardo a mezzo miglio da dove galleggia la barca, rimane sbalordito.
A poche centinaia di metri a nord dallo Scoglio d’Affrica, un faro in mezzo al blu del Tirreno, nel triangolo remoto tra Pianosa, Montecristo e la costa orientale della Corsica, si alza una colonna di acqua scura, gas, fango e detriti. «Era potente, ininterrotto racconta il pescatore che ha assistito alla scena assieme a una decina di colleghi – il getto aveva un’ampiezza di 50-60 metri quadrati. È andato avanti cosi per oltre venti minuti, poi ha perso intensità. Non sapevamo se scappare, ma alla fine io e i miei colleghi siamo rimasti a guarda re quello strano spettacolo della natura».
Il gruppo di pescatori era solo a mezzo miglio dall’evento: «Potevamo esserci noi in quel punto – rincara la dose Ricci – avevo calato proprio là una rete. Volevo tirarla su quando il getto d’acqua si era fermato, ma ci ho ripensato e sono tornato solo il giorno successivo. Ho segnato il punto con una bandierina».
Navigazione interdetta.
Il fenomeno fisico è «presumibilmente riconducibile ad attività geologica sottomarina», ha scritto la Capitaneria di porto di Portoferraio che, con un’ordinanza emessa sabato scorso in seguito alla segnalazione della Protezione civile, ha vietato l’accesso alle imbarcazioni entro il raggio di cinquecento metri dal punto in cui si è verificata l’emissione di gas (42° 23.7′ Nord; 010° 05.6 Est). Una precauzione per «garantire al massimo la sicurezza della navigazione, in attesa che siano completati gli approfondimenti scientifici necessari», ha spiegato il capitano Riccardo Cozzani. Sì, perché il fenomeno accaduto giovedì mattina tra Pianosa e Montecristo resta per il momento avvolto nel mistero.
Caso da studiare.
La notizia di quella sorta di geyser di acqua e fango si è diffusa rapidamente nell’ambiente portuale di Marina di Campo. E, immediatamente, ha suscitato l’interesse degli studiosi.
I tecnici dell’istituto nazionale di geofisica hanno sorvolato con l’elicottero la zona di mare interessata dall’evento, quindi altri tecnici hanno raggiunto via mare lo Scoglio d’Affrica con la Capitaneria.
«Nell’area oggetto della segnalazione c’era un degassamento diffuso, ma il fenomeno era di fatto esaurito», ha spiegato il direttore dell’Ingv toscano, Gilberto Saccorotti che, per il momento, non si sbilancia in ipotesi. Nella giornata di oggi il mare dell’Affrichella sarà messo ai raggi x: saranno prelevati campioni per le indagini geochimiche dell’acqua, prelevati campioni del fondale e acquisite con dei robot sottomarini le immagini dell’ambiente sottomarmo. C’è da capire, insomma, il motivo per cui quel tratto di mare ribolle. Non certo una novità per i vecchi pescatori di Campo nell’Elba che, da decenni, segnalano episodi simili a quello accaduto giovedì, sebbene mai di questa rilevanza.
Il vulcano di fango.
Potrebbe essere un piccolo vulcano di fango sottomarino ad essersi svegliato nel braccio di mare tra Pianosa, Montecristo e la Corsica.
È l’ipotesi – perché al momento di questo si tratta – che potrebbe spiegare il fenomeno a cui hanno assistito, giovedì scorso, alcuni pescatori della marineria di Campo nell’Elba. La possibilità viene fornita dal geologo Marco Morelli, direttore della Fondazione Parsec (Parco delle scienze e della cultura) di Prato, che da anni monitora l’isola in seguito alle numerose segnalazioni di boati avvertiti al largo della costa occidentale elbana. «È possibile che un evento di questo tipo possa essere legato all’attività di un vulcano di fango sottomarino – spiega il geologo Marco Morelli – si tratta di fenomeni piuttosto diffusi le cui caratteristiche sarebbero compatibili con le testimonianze raccolte in queste ore. Del resto in quella zona del Tirreno i ricordi di episodi simili sono decennali. Mi sentirei di escludere, invece, la possibilità di un’attività vulcanica standard».
Quanto alla pericolosità del fenomeno naturale, sia esso legato a un vulcano di fango quanto ad altri tipi di emissione di gas, dipende molto da quanto esso sia superficiale. «Il rischio esiste soprattutto per la navigazione – spiega Morelli – a tale proposito l’ordinanza della Capitaneria è una giusta precauzione».
Il nesso con i boati.
Per delineare un quadro più chiaro si dovrà attendere l’esito dei primi accertamenti tecnici, così come non è certo sebbene non si possa escludere – un nesso tra quanto accaduto a nord dell’Affrichella e le numerose segnalazioni di boati, per i quali in passato erano state messe in campo le più svariate ipotesi, molte delle quali legate alle attività dell’uomo (dalle esercitazioni militari al passaggio di jet oltre la barriere del suono).
La presenza di un’attività geofisica sotto il livello del mare potrebbe essere la giusta tessera del mosaico per spiegare entrambi i misteri.
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